Scorre sul Paese intero un’aria subdola di insofferenza, di intolleranza, di rigetto di quelle che sono le normali funzioni che spettano ad uno Stato democratico.
Allarma il fastidio e in alcuni casi la vera e propria censura nei confronti del dissenso e la rinuncia al confronto delle idee, con un implicito richiamo al superamento delle regole basilari della democrazia, in nome di una presunta verità che fa a pugni con la storia e si rivela al servizio di una politica di parte.
È quello che è avvenuto in Friuli Venezia Giulia, dove la Giunta Regionale ha escluso a priori dalla presenza al Salone del libro di Torino una casa editrice, la Kappa Vu, accusata di “negazionismo o riduzionismo” con una successiva, sconcertante dichiarazione fondata sul rispetto di una indecente mozione approvata nel 2018 dal Consiglio regionale, che impegnava l’assessore competente “a sospendere ogni contributo finanziario e di qualsiasi altra natura (es. patrocinio, concessione di sale) a beneficio di soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo o in qualunque modo a diffondere azioni volte a non accettare l’esistenza di vicende quali le Foibe o l’Esodo ovvero a sminuirne la portata e a negarne la valenza politica”, attaccando esplicitamente – fra l’altro – l’ANPI e Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia.
La casa editrice Kappa Vu pubblica volumi di storia, didattica per il friulano, letteratura in italiano e friulano, e le analisi e le ricerche dei suoi testi possono o meno essere condivise, ma nulla si può obiettare sulla rigorosa documentazione storica che puntualmente pubblica. La censura preventiva operata dalla Regione FVG è una conclamata violazione dell’art. 21 della Costituzione perché nega il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.