Da Predappio al Donbass

Domenico Quirico – La Repubblica – 16/07/2019

Ci siamo distratti: con il preannuncio di immancabili saturnali islamisti da celebrare a casa nostra, di sbarchi di maomettani fanatici da Fregene a Capalbio. Ci siamo distratti con le ciucche parolaie sui “foreign fighters” coranici nativi di Treviso o di Catanzaro che stavano per tornare a casa dalla Siria per le loro crociate al contrario. Distratti. Immemori. Sempre lì a occhieggiare il migrante con la barba un po’ lunga, lo spacciatore dall’occhio un po’ vendicativo, l’immigrato che compie un po’ troppi viaggi nel Sahel. Restava poco tempo per il resto.

E così ti svegli un mattino e scopri che i fucili d’assalto, quelli veri, da riempire un’armeria; e pure il missile, sì, il missile aria aria, ce l’avevano in garage, a Voghera!, adepti nostrani di culti delinquenteschi con base a Torino, Novara, Pavia. Altro che Raqqa! Altro che Califfo! Voilà: i “foreign fighters” padani con il jihad scritto non sul Corano, ma su nostalgiche bandiere del Terzo reich per fortuna non millenario. Fascisti? Sì: fascisti, quelli lì. I jihadisti di Sabratha e di Mossul un missile così lo sognavano di notte, pregavano Allah che ne regalasse uno, uno solo. Sì che avrebbero aumentato così il fatturato della guerra santa!

A furia di minimizzare: su, dai, ma sono sempre i soliti quattro cretini, quelli del pellegrinaggio in bus a Predappio, da Lui, tutto compreso pranzo al sacco sangiovese con tappo a corona Giovinezza e se hai grano torni con il testone del duce in bronzo made in Hong Kong che lo metti in giardino al posto del nano. Tanto ormai chi se ne frega dell’apologia eccetera eccetera! Quelli che sono fermi, senza aver mai letto un libro ci mancherebbe, alla triade Evola Guenon Jünger.

A furia di storicizzare: uffa questo antifascismo! Il fascismo ovviamente era un’altra cosa, è morto, è evidente, il 25 luglio del 1943. A furia di “figli del secolo” e nipotini sbilenchi di revisionismi imparaticci, di una rancida storiografia in sfacelo. A furia di interviste al nostalgico, rancido di fiele e rivincite: ma lei è fascista? Su ce lo dica sì viva il duce a noi! Questa è la radio, urrah!

E invece i fascisti erano lì, sempre uguali a se stessi. Travet dell’estremismo, in fondo. Ma con il missile nella rimessa. Riconosciamo gli ingredienti della vecchia cucina, la cattiveria ebete e viperina, la ripugnante epilessia del culto delle armi, la braveria minacciosa e marrana, la stupidità torbida, acre, funesta: come ai tempi dei lugubri sansepolcristi e delle nauseanti birrerie di Monaco di Baviera.

Non abbiamo prestato attenzione a queste anime guaste che hanno allungato il pellegrinaggio: da Predappio al Donbass. È quella l’ultima thule dei soldatini di destra, che si addestrano e si arruolano tra gli indipendentisti a libro paga di Putin o, indirizzo intercambiabile, tra i patrioti ucraini, ma con pedigree fascistoide ed antisemitismo accluso. Ahimé, la melma che è affiorata con la rivoluzione dei Maidan e che ha trovato nella delusione del dopo nuova e tossica linfa.

Luogo limaccioso l’ex bacino carbonifero del Donbass, disperde scorie. Dove c’è una guerra che tutti facciamo finta di non vedere. Dove con i missili fanno precipitare aerei civili. Dove mafie globalizzate ed estremismi marci di rancori, modelli criminali evoluti, comprano arsenali chiavi in mano, e seguono dressage di violenza perfetta cioè quella vera: altro che playstation e sparatorie nei boschi, sperando che i carabinieri non sentano. Attenzione a non minimizzare, un’altra volta. A ridurre il garage di Voghera a folclore. Par già di sentire gli avvocati dei detentori del missile: semplici collezionisti.

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