Le attenuanti di un rivoltoso

L’Amaca di Michele Serra di martedì 12 ottobre 2021

A differenza dell’assalto a Capitol Hill, l’assalto romano (e romanesco) alla CGIL è stato meno telegenico. Nessuno sciamano con elmo cornuto dominava l’antropologia fascista classica, maschi rapati tra i trenta e i sessanta entusiasti di bullizzare il mondo. È un tipo umano arcaico e a suo modo un evergreen, che ha avuto tempo e modo di ricostruirsi con tutta calma, indisturbato, spesso anche omaggiato con biglietti gratis da presidenti conigli, soprattutto nelle curve degli stadi, che da almeno due decenni sono la palestra del nuovo fascismo italiano, nonché del nuovo fascismo europeo.

A portare un poco di verve in quella folla fondamentalmente triste ci ha pensato il capo di “IoApro”, signor Passaro, che ha documentato e messo in Rete il reato del quale è stato tra gli attori. Non ripeteremo, qui, osservazioni già fatte a proposito della irresistibile tentazione di sparare nei social immagini che testimoniano spietatamente contro di noi, e non solo in senso giudiziario.

Non solo i ragazzini, anche persone apparentemente adulte, come il signor Passaro, cadono vittime del proprio smartphone.

A Milano si dice, quasi amichevolmente, “bel pirla”, e si è detto tutto.

Piuttosto, colpisce apprendere dai giornali che il signor Passaro, quando non assalta sindacati, è un “brand manager di food franchising”. Insomma, vende roba da mangiare.

Se davvero si vuole indagare sulla frustrazione sociale come motore principale dei moti di piazza in corso, consiglio questa riflessione: quanta frustrazione sociale ci vuole per trasformare un lavoro onesto e normale, ristoratore, in “brand manager di food franchising”?

Se fossi l’avvocato di Passaro, lo metterei tra le attenuanti. “Al mio cliente era stato fatto credere di essere un brand manager. Di qui la ribellione”.

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